L’omeopatia è una realtà della medicina. Per molti è una realtà controversa, eppure seguita da milioni di persone in tutto il mondo, ormai da almeno due secoli. Ci si potrebbe chiedere quali possano essere i motivi che muovono le persone, ma soprattutto i medici, ad avvalersi di questa metodica, non del tutto e non sempre riconosciuta nell’ambito della medicina in generale. Di sicuro, qualcosa muove la gente verso l’omeopatia.
A fronte di tante scuole e metodi, che si sono succeduti nel corso della storia, l’omeopatia è la realtà più longeva, soprattutto per la sua invariabilità, che la pone tra i fenomeni più affascinanti nella cultura europea degli ultimi 200 anni. Tale invariabilità si esprime con una proposta terapeutica coerente nel tempo, in contrasto con i sistemi della medicina ufficiale che, soprattutto nel XIX secolo, ha visto numerosi cambiamenti di idee e paradigmi.
L’omeopatia non è scomparsa, come è successo per altri sistemi, quali il Brownismo, o il Broussaismo. L’individuazione di un modello valido di malattia cronica, al di là e prima ancora degli effetti terapeutici, le ha permesso di sopravvivere, nonostante la forte opposizione dei cattedratici, dovuta essenzialmente al suo status non accademico.
Tale opposizione non può essere spiegata con la semplice mancanza di dimostrazione, circa i suoi effetti, come vorrebbero molti medici e ricercatori. Nemmeno può essere legata al nodo chimico della diluizione. L’omeopatia, infatti, non va considerata come un sistema farmacologico diverso da quello corrente, per altro privo di effetti, per la mancanza di molecole. L’omeopatia è la scienza che applica il criterio di similitudine nella scelta del farmaco, ben al di là dell’aspetto chimico.